Compravendita: mancato avveramento di una condizione potestativa. Necessario accertare l’eventuale parte inadempiente

Sulla scorta delle emergenze di causa e in concreto, valutare se sia individuabile una parte inadempiente o, comunque, prevalentemente inadempiente (in caso di inadempimenti reciproci), per avere mancato di comportarsi secondo buonafede, avuto riguardo alla condizione apposta al negozio

Compravendita: mancato avveramento di una condizione potestativa. Necessario accertare l’eventuale parte inadempiente

A fronte di una controversia intercorsa tra promittente alienante e promissario acquirente e riguardante il mancato avveramento di una condizione potestativa mista, apposta nell’interesse di entrambe le parti, essa non può essere risolta facendo applicazione del generale principio regolante l’onere della prova nei contratti sinallagmatici. Al contrario, deve accertarsi, sulla scorta delle emergenze di causa e in concreto, se sia individuabile una parte inadempiente o, comunque, prevalentemente inadempiente (in caso di inadempimenti reciproci), per avere mancato di comportarsi secondo buonafede, avuto riguardo alla condizione apposta al negozio. Questi i principi fissati dai giudici (ordinanza numero 243 del 7 gennaio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame una compravendita immobiliare, o, meglio, la concretizzazione della condizione risolutiva espressa apposta all’accordo preliminare, ossia il mancato finanziamento mediante leasing. Per meglio inquadrare la questione, va tenuto presente che, nel caso in cui le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito – patto di cui non è contestabile la validità, poiché i negozi ai quali non è consentito apporre condizioni sono indicati tassativamente dalla legge – , la relativa condizione è qualificabile come mista, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la relativa pratica, ma la mancata concessione del mutuo comporta le conseguenze previste in contratto, senza che rilevi un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché tale disposizione è inapplicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una data prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento della condizione, sia perché l’omissione di un’attività in tanto può ritenersi contraria a buonafede e costituire fonte di responsabilità, in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, e la sussistenza di un siffatto obbligo deve escludersi per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista. Di conseguenza, laddove il giudice, nell’accogliere la domanda di adempimento in forma specifica dell’obbligo di trasferire la proprietà di un bene promesso in vendita, subordini il trasferimento del diritto alla condizione che il promissario acquirente paghi al promittente venditore il saldo del prezzo dopo la stipula del contratto di mutuo ipotecario, l’ottenimento del mutuo non integra una condizione posta nell’interesse esclusivo di costui, perché entrambe le parti hanno interesse all’ avveramento della condizione (cosiddetta bilaterale). Ne deriva che è inapplicabile la norma del Codice Civile che considera avverata la condizione se sia mancata a causa del comportamento del contraente titolare di un interesse contrario esclusivo. Inoltre, essendo di natura mista – in quanto il suo avveramento dipende non solo dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la pratica, ma anche del terzo nel concedere il mutuo –, il comportamento omissivo del promissario acquirente non rileva, perché l’omissione di attività in tanto può ritenersi contraria a buonafede e costituisce fonte di responsabilità in quanto l’attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, da escludere per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo in una condizione mista. Tuttavia, la condotta delle parti relativamente al segmento della condizione avente natura potestativa assume rilievo e deve essere valutata in coerenza col doveroso canone della buona fede, che implica l’obbligo di non frustrare capziosamente le aspettative dell’altra parte.

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